L’art. 315 bis c.c. sancisce che “Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Attraverso l’esercizio di tale diritto, anche in caso di procedimenti di separazione e divorzio, il minore ha la possibilità di esprimere la propria opinione in merito a situazioni che sono capaci di incidere sulla sua esistenza e sulla sua vita familiare, consentendogli, in questo modo, di esercitare il diritto ad autoderminarsi.

La capacità di discernimento, e cioè “ quella specifica competenza individuale, che pur non coincidendo con la piena acquisizione della attitudine a compiere validamente atti giuridici, gli consente però di rappresentare con sufficiente ragionevolezza i propri interessi, poiché egli comprende la portata delle proprie azioni e si prefigura le conseguenze delle proprie scelte”, è presunta per il minore che abbia già compito dodici anni, mentre deve essere accertata in concreto qualora il minore abbia meno di dodici anni.

Nonostante le opinioni del minore debbano essere tenute in considerazione dal giudice di famiglia, quest’ultimo, anche in caso di procedimenti di separazione e divorzio (L’ascolto del minore nei procedimenti di separazione/divorzio.) può discostarsi da quanto espresso dal minore, dandone adeguata motivazione, qualora ciò risponda al suo maggiore interesse.

I giudici della Corte di Cassazione in tema di ascolto del minore, nei procedimenti di separazione (Tribunale di Milano: il ricorso alla CTU nei giudizi di separazione e divorzio) o divorzio, infatti, ha affermato che “tenere nel debito conto è cosa diversa dal recepire, rimanendo affidata al giudice e non al minore l’individuazione del superiore interesse di quest’ultimo”.