“Uscire di casa” senza una valida ragione quando il matrimonio è ancora in essere può comportare conseguenze giuridiche sia civili che penali.

Se da un lato il codice civile infatti impone tra i doveri del matrimonio la convivenza, dall’altro il codice penale punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare.

L’art. 570 comma 1) c.p., così come recentemente interpretato dalla giurisprudenza maggioritaria, sancisce che l’abbandono del tetto coniugale sia condotta penalmente rilevante tutte le volte in cui il rilascio dell’abitazione non abbia come presupposto un fondato e rilevante motivo.

Ad esempio l’intollerabilità della prosecuzione della vita coniugale viene ritenuto giusto motivo per l’allontanamento dall’abitazione familiare. Tutto ciò dovrà comunque necessariamente essere provato da chi decida di abbandonare il tetto coniugale.

Oggi quindi la giurisprudenza ritiene che l’abbandono del tetto coniugale sia legittimo laddove sia determinato da situazioni di fatto o comportamenti di altri (coniuge o familiari) incompatibili con la convivenza. In particolar modo è considerato legittimo quando l’abbandono derivi da una situazione già intollerabile o compromessa, quando cioè vi sia già una crisi matrimoniale in atto che non consenta la prosecuzione della vita comune.