Da una crisi familiare (sia essa sancita da una separazione, da un divorzio o da un’interruzione della convivenza) è ormai frequente che possa venirsi a costituire una nuova famiglia.

In una nuova e stabile relazione il partner che fa ingresso nel precedente contesto familiare, anche se ormai disgregato, diventa ciò che viene definito “terzo genitore” o “genitore sociale” (quello che un tempo si sarebbe chiamato, in senso dispregiativo, patrigno o matrigna).

Eliminata l’accezione negativa, tale figura ha assunto invece un ruolo di notevole importanza, in particolar modo nei confronti dei figli del partner, con i quali inevitabilmente viene a crearsi un legame.

Attenzione però che il genitore sociale, per quanto attivamente possa prodigarsi per il bene del figlio del proprio compagno/compagna, non assumerà mai i diritti e doveri propri del genitore biologico, e ciò anche quando la nuova unione venga suggellata da un successivo matrimonio.

Il genitore sociale, quindi, non assume alcuna responsabilità genitoriale né diviene obbligato ad alcun mantenimento e neppure ha il c.d. obbligo alimentare, che grava per legge su altri soggetti rientranti di norma all’interno della cerchia parentale.

Il problema è la mancanza di una disciplina giuridica che regolamenti tale ambito, e la situazione si fa ancora più complicata quando anche la nuova relazione entra in crisi ed il figlio minorenne di una delle parti dovrebbe a quel punto interrompere la frequentazione anche con il “genitore sociale o terzo genitore”, ormai ex partner.

 A colmare parzialmente la lacuna è intervenuta la Corte Costituzionale la quale ha precisato che il giudice è comunque autorizzato ad adottare ogni ulteriore provvedimento necessario per evitare che una condotta di un genitore danneggi il proprio figlio minorenne. Tra queste condotte pregiudizievoli può quindi rientrare il rifiuto da parte del genitore biologico di consentire al c.d. genitore sociale di proseguire nel rapporto già instauratosi con il minore.

Si tratta, infatti, di una figura che potrebbe già aver assunto un ruolo nella vita del minore e che di fatto ha esercitato anche una funzione genitoriale e seppure non possa essere considerato tale dalla legge, è da considerarsi un adulto rilevante per il minore, la cui repentina assenza potrebbe essere invece pregiudizievole.

L’obiettivo primario, infatti, deve essere quello di garantire al minore, nel suo interesse, di proseguire in una relazione affettiva che abbia avuto importanza. Si tratta per ora solo di un’interpretazione della Corte Costituzionale, ma che evidenzia certamente l’attualità della questione.